Oggi mi sa che sono una tra i pochi ad essere al lavoro. E mi sembra anche normale visto che è lunedì, domani è il 1 maggio e l'occasione di godere di un ponte così lungo capita poche volte in un anno!
Si respira un'atmosfera di calma e rilassatezza, non so bene come spiegarlo, ma è una cosa che percepisco non solo fisicamente (stamattina trovare l'ufficio postale semi-deserto mi è sembrato un miraggio!), ma anche via web...c'è meno "frenesia" del solito e la cosa non è affatto spiacevole. Peccato per il tempo che da queste parti è parecchio grigio e piovigginoso e sembra non dover migliorare nemmeno domani.
In questo contesto un po' soft mi è venuta voglia di scrivere un post per cercare di mettere nero su bianco alcuni pensieri nati in questi ultimi giorni e scaturiti da alcune "situazioni" che mi hanno dato modo di riflettere.
La prima riguarda una sorta di dibattito a cui ho preso parte venerdì, partito su facebook e proseguito sul blog di Ilaria di Le Mille e una Nozze che in un post spiegava il suo punto di vista riguardo corsi (o presunti tali) per aspiranti wedding planner venduti (o svenduti?) a prezzi irrisori.
Come spesso accade in questi casi, il discorso si è un po' allargato arrivando a toccare diversi aspetti che fanno capo a questa professione, ma in generale anche a molte altre realtà professionali. Si è parlato di professionalità, di low cost, di onestà, di imprenditorialità e di altro ancora e dopo aver letto e risposto un po' a tutto, ho chiuso la giornata con molti punti interrogativi nella testa. E alcuni vorrei rigirarveli, facendovi partecipi del dialogo un po' contorto che ho portato avanti con me stessa:
1. Chi è da demonizzare il costo o l'offerta?
Io non credo nell'idea che ad un costo basso debba corrispondere necessariamente un servizio scadente. E nel caso specifico, 8 ore di corso a 39 euro ci possono stare trattandosi di una promozione. Per me il problema sta invece nell'offerta formativa: 8 ore durante le quali mi insegni una professione, mi insegni come si gestisce un'attività imprenditoriale dal punto di vista amministrativo, contabile, creativo, ecc? Mi insegni a gestire l'imprevisto, il rapporto con fornitori e clienti, a sviluppare un piano di comunicazione e di marketing, a gestire il budget, a ideare e pianificare un progetto di nozze creativo? E per giunta al termine mi rilasci anche un attestato! Bè no, a questo proprio non credo, mi dispiace. In questo io vedo la poca onestà. E soprattutto mi sento anche un po' stupida pensando all'investimento formativo fatto in anni di università, corsi di specializzazione e seminari vari.
2. Sì ma in fondo questa non è una professione che richiede un'iscrizione ad un albo o ad un ordine. Non è come per gli avvocati, i notai o gli architetti. Quindi cosa mi vieta di aprire un'agenzia dall'oggi al domani senza un minimo di esperienza formativa o sul campo?
Nulla. Assolutamente nulla. E' una professione, come ce ne sono tante altre, che chiunque può intraprendere senza la necessità di un percorso formativo o di stage alle spalle.
3. E dunque non è meglio un corso un po' approssimativo piuttosto che niente?
Potrebbe. Ma l'approssimazione genera approssimazione e in questo caso il rischio è quello di generare concorrenza molto poco virtuosa, di quelle che cannibalizzano il settore invece di creare prosperità. E vista la fase che stiamo vivendo, non mi sembra una mossa azzeccata! E' qui che arriva la preoccupazione e forse lo sdegno nei confronti di proposte come quelle di cui sopra. Perché alcuni colleghi dovrebbero scegliere di formare in maniera approssimativa schiere di aspiranti wedding planner che con molta probabilità si proporranno sul mercato senza avere le necessarie conoscenze/competenze? Forse per il guadagno facile che si nasconde dietro ad alcune mosse promozionali? Lascio a ognuno di vederla come preferisce.
Io sono certa di una cosa: quello che in molti spesso scambiano per un atteggiamento snob e supponente, attribuendolo a colleghe con più esperienza che si espongono su certi argomenti insistendo sul tasto della professionalità, della correttezza, dell'esperienza è in realtà la manifestazione di un timore, ovvero quello di creare o alimentare una cultura del pressappochismo che porti la professione ad un livellamento verso il basso, piuttosto che verso l'alto.
E il rischio è un rischio reale e che si tocca con mano. Sabato ho incontrato il responsabile di una nuova location che avevo chiesto di poter visitare. L'incontro è stato nel complesso piacevole (la location davvero bella) e il responsabile era di certo una persona che del settore ne sapeva. Ci ha tenuto a sapere come lavoro e a farmi presente che (cito testuali parole) "la maggior parte delle wedding planner che vengono qui pensano che il loro lavoro sia solo mettere quattro fiocchetti e qualche nastrino, poi però il catering mi sbaglia tutti i tempi del servizio perché loro non sanno coordinare sposi e fornitori..." ecco appunto!
Lui aveva ben presenti i limiti di cui soffre spesso questa professione, come aveva ben presente il fatto che sono io a portargli lavoro, non il contrario. A dirla tutta, ha provato a fare il furbetto (o forse era una prova per vedere cosa rispondevo, non so) dicendomi che volendo, potevo anche solo limitarmi a portare delle coppie perché (cito di nuovo) "sai spesso le coppie vengono con la wedding planner e poi tornano da sole, in questo modo a te si alleggerirebbe di molto il lavoro...". Io ho declinato l'offerta con un sorriso sottolineando che il mio lavoro non è accompagnare le coppie e "vendere" location. Il mio lavoro è creare un progetto, che poi si chiami matrimonio o festa di laurea cambia poco. Le mie coppie non potranno tornare da sole, perché prima di vedere una location avranno firmato una lettera con cui mi incaricano di seguire l'organizzazione delle loro nozze. Se poi qualcuno mi contatta per avere una lista di location da poter visitare sarò lieta di fornirla, ma in quel caso io la chiamo consulenza, una consulenza retribuita naturalmente perché richiede l'impiego di tempo lavorativo in un'attività di ricerca e selezione ad hoc. Però ripeto non è questa la mia attività principale! Lui mi ha detto anche un'altra cosa su cui mi trovo molto d'accordo: " in questo settore sono in tanti quelli che giocano al ribasso sulla qualità dei servizi offerti non perché non guadagnino, ma perché non guadagnano abbastanza e quando si gioca con la qualità viene meno anche la professionalità." E come si fa a dargli torto?
Buon primo maggio a tutti,
Vale
"Perché alcuni colleghi dovrebbero scegliere di formare in maniera approssimativa schiere di aspiranti wedding planner che con molta probabilità si proporranno sul mercato senza avere le necessarie conoscenze/competenze? Forse per il guadagno facile che si nasconde dietro ad alcune mosse promozionali? "
RispondiEliminaConfermo e sottoscrivo. Il mercato del wedding planning non lavora poi così tanto come si vuole far credere, improvvisare corsi è un modo per arrotondare le entrate. E poi concordo con tutto quanto riguardi consulenze e affidamento d'incarico, basta con le pretese di nomi e consigli via email! quando passerà il messaggio che anche il nostro è un lavoro che richiede tempo, ricerca e impegno sarà sempre troppo tardi!
PS
molto carino il tuo nuovo trucco :)
Ciao Ale! Mi fa piacere sapere che altre colleghe condividano il mio punto di vista. :-)
RispondiEliminaE sono contenta che ti piaccia il nuovo look, grazie mille!
Vale